Cucine, maiali e galline. Dall’ascolto un nuovo progetto in rete (Senegal 2018).

Quante volte abbiamo letto e sentito di progetti in Africa che sono naufragati?
Una storia illuminante è quella raccontata da Ernesto Sirolli, cooperante che insegnava la coltivazione dei pomodori nello Zambia meridionale.
<< Nello Zambia tutto cresce rigoglioso, avevamo dei pomodori favolosi e dicevamo che l’agricoltura era facile. Quando i nostri pomodori erano belli, rossi e maturi, all’improvviso dal fiume erano usciti duecento ippopotami che se li erano mangiati tutti. Vedendo il nostro stupore, gli zambiani ci avevano detto: “E’ per questo che qui non si coltiva niente”. E noi: “Perché non ce l’avete detto?”. Risposta: “Non ce l’avete chiesto”.>>

L’aneddoto ci ricorda che per fare volontariato serve stare zitti ed ascoltare, osservare con umiltà per cambiare punto di vista ed entrare nella mentalità delle persone con cui si lavora.

Con questo spirito dal 25 aprile al 10 maggio 2018 siamo tornati in Senegal per il progetto delle cucine solari, ma questo è stato solo l’inizio, il motivo per incontrare ed ascoltare le persone da cui è nato qualcosa di nuovo.

Ospiti presso la Caritas di Thies, cittadina 80 Km a est di Dakar, muovevamo verso i villaggi della diocesi dove vivono le famiglie che utilizzano le cucine solari del progetto.

Si tratta di villaggi semplici, case di mattoni e lamiera come tetto, oppure costruzioni di terra con tetti in legno ricoperti da foglie di palma.
Qualche pista di terra rossa per arrivare e poi sabbia e savana intorno da cui emergono qua e la bellissimi baobab. Una zona secca del Senegal, sopratutto ora, prima della stagione delle piogge.

Lo scopo iniziale era rendere 20 cucine solari più stabili e rinforzarne la struttura per proteggere la parabola che concentra i raggi solari e permette la cottura dei cibi. In una regione ventosa come quella di Thies l’azione del vento può causare dei ribaltamenti della cucina solare e ammaccare la parabola. La modifica apportata permette di mantenere l’efficacia della cottura.

Il nostro gruppo era composto da Filomena, l’interprete dalla lingua Wolof all’italiano, Ernest e Martin della Caritas che hanno i contatti con le famiglie, Ottorino e Fiorello.

La visita alle famiglie per “l’aggiornamento” della cucina solare avveniva senza fretta. Seduti all’ombra di un albero abbiamo così potuto chiedere come fosse usata la cucina e approfondire la conoscenza delle persone. Anche pranzare assieme, come nell’usanza senegalese tutti dallo stesso piatto, era un momento per condividere. Chiedevamo quali fossero i sogni, i bisogni, le idee per poter sviluppare una piccola attività, cosa potrebbe funzionare in Senegal, in cosa vorrebbero impegnarsi e ragionavamo assieme rispetto a come realizzare il tutto.

Così ci siamo ritrovati a parlare di allevamenti di maiali e galline, un’attività presente nei sogni di molti abitanti.

La conferma di questa via ci era stata data da Abbé Epifanio, parroco pieno di umanità della parrocchia di Lalan e guida morale della Caritas. Con lui Ottorino aveva preso accordi nell’ultimo viaggio per realizzare un nuovo progetto: la sistemazione di una “costruzione” parrocchiale e l’avvio ad un piccolo allevamento di polli. A distanza di qualche mese abbiamo potuto vedere i frutti dell’accordo: due edifici ristrutturati, quattro persone prima disoccupate che lavorano con dignità, 500 pulcini, l’orto lavorato che inizia a dare dei risultati. I pulcini crescono e il sistema funziona, questo potrebbe essere il propulsore di altri progetti reinvestendo il reddito ottenuto per creare altro lavoro.

Un altro buon esempio di impresa agricola che genera dignità nelle persone l’abbiamo trovano in quella guidata da un giovane: Jean Christophe. In poco tempo ha creato una fattoria moderna con galline ovaiole, maiali, oche “da guardia”, cani di razza, pecore e faraone, piante da frutto selezionate e un orto concimato con gli escrementi degli animali. Un luogo dinamico con vari progetti di ampliamento capace di produrre migliaia di uova al giorno e dove lavorano diversi giovani del villaggio compartecipando agli utili. Un esempio per tutti di cosa si possa fare con volontà e passione. Ma non sono, Jean Christophe è un persona sensibile e di ampie vedute che tiene molto allo sviluppo del Senegal. Riconoscendo l’obiettivo comune ci ha prestato particolare attenzione fra i suoi mille impegni dicendo: “se voi venite da così lontano per aiutare la nostra gente anch’io voglio darvi una mano perché ho ricevuto molto dalla vita e quindi sono a vostra disposizione, tutti vogliamo che i figli di questa terra restino qui“.

Passando da un villaggio all’altro abbiamo raccolto informazioni, idee e sorrisi, visto come erano tenuti gli animali nei cortili, osservato come fossero curate alcune aie, conosciuto persone e constatato insieme al gruppo di lavoro come quello di Mont-Rolland fosse il villaggio più pronto per avviare un nuovo progetto.

Così, unendo i puntini ci siamo impegnati per avviare un piccolo allevamento di maiali con un gruppo di donne della Caritas del piccolo villaggio.

Queste prepareranno la porcilaia e saranno ospitate dall’azienda agricola di Jean Christophe per imparare a gestire i maiali. Il suo allevamento è infatti quello che più ci ha colpito per la pulizia e l’organizzazione. In seguito sempre Jean Christophe offrirà delle scrofe per avviare l’allevamento. La nostra interprete farà dei controlli periodici per riferirci come proseguono le attività fino al prossimo viaggio. Abbé Epifanio sarà la guida morale dell’iniziativa.

Potremmo raccontare di tante altre piccole attività svolte perché sono state giornate molto ricche, ma quello a cui teniamo è stato l’approccio differente nell’essere volontari. Quando siamo partiti non sapevamo sarebbe nato un allevamento di maiali. A partire dall’ascolto, senza forzare, ci siamo posti come dei volontari che hanno la visione di chi fa impresa, facilitando ciò che era già nelle intenzioni delle persone e che può generare la dignità di un lavoro in loco.

Una “formula” nuova che si può riassumere così: “se vuoi fare qualcosa PER qualcuno, fai qualcosa CON qualcuno“.

Ottorino e Fiorello

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Senegal, si può fare! Foto dell’esperienza.

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Capita che, a fare il viandante in SENEGAL, nei villaggi della cintura di Thies a novembre 2015, vedi ambienti, vivi situazioni, incroci volti, i più disparati.

Vedi un ambiente “rigido” nella sua siccità che dura 9 mesi. Ti poni delle domande… qualche risposta la trovi quando inquadri, come una pennellata, un verde orto con al centro un pozzo: grazie all’acqua tutto cambia.
Allora velocemente il pensiero dice: si può fare!
Così come si può dotare di verricello un pozzo per prelevare l’acqua da 20 metri.
Allo stesso modo siamo intervenuti con tante cucine solari; fanno risparmiare denaro, fatica alle donne e sofferenza all’ambiente.
Ecco allora che la curiosità ci accompagna tra le varie immagini fissate nel viandare di villaggio in villaggio… dove si coglie l’arretratezza del vivere che ci interpella e ci sprona a fornire e sperimentare insieme opportunità di superamento.

Un caro saluto, Ottorino e Galdino.

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SENEGAL novembre 2013

STORIE MINORI agli amici più giovani

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Sì, storie minori raccolte nel “viandare” lungo il reticolo di piste sabbiose che collegano abitazioni, gente attiva per il cibo, umili animali da traino, bambini che colgono le sfide della giornata.

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Si sa che studiare la geografia è utilissimo per conoscere un luogo e comprendere dove siamo, ma lo sono pure le piccole storie e le immagini che si possono raccogliere fermandosi nel luogo, sostando a osservare… per poi raccontare.

Raccontare di CIBO, CUCINE SOLARI e di CARRUCOLE.

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A Sessene, una quindicina di Km dalla città di THIES, assembliamo insieme agli abitanti la prima cucina solare. Subito dopo, all’ombra di un materno baobab, è straordinario veder cuocere col sole 2,5 Kg di riso, quello piccolo piccolo, che arriva dalla lontana Thailandia.

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Attorno al comune piattone poi, 15 persone, sapendo che ognuno ha diritto alla sua porzione, mangiano con gusto quanto gli spetta.

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STORIA MINORE (?!!) e di quale portata, non certo su un piatto firmato ma su uno più nobile, quello dove inciso si legge: “appartengo alla medesima umanità”.

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Come quella donata da Serena, ragazza Svizzera in Senegal per due mesi di volontariato presso una scuola, raggiunta successivamente dalla mamma, mentre il papà e marito, Pastore evangelico, le attendeva a fine novembre; un’opportunità di scambio e di conoscenze e un aiuto con la lingua.

Che le immagini ci facciano buona compagnia!

CARRUCOLE, DONNE, BAMBINE, cosa vuol dire tutto questo?

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E si capisce che la grinta è la sua forza perché vuole vincere la sfida.

Tocca anche a loro pescare dal profondo di quel pozzo il tesoro dell’acqua usando una corda sfilacciata che solleva un simil secchio. Sono bambine di 7/8 anni nel cui volto leggi i segni dello sforzo, ma intravedi una mente decisa a vincere la sfida dei 20 metri.

Sono manine, braccia tese come archi e sguardi coinvolti anzitempo nella fatica… eppur basterebbero semplici carrucole che là ancora non sono arrivate. Vedremo il da farsi.

CIBO
Per il cibo anche l’orto in sacco potrebbe fare la sua parte.

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Per ora è stato solo sperimentato in quel della Carità di Thies; anche questo avrà un futuro se piacerà a Dio o se gli uomini lo vorranno. Allora la dieta sarà, oltre al solito riso, un po’ più umana.

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Il lavoro non manca, ce n’è eccome!
Grazie a Galdino Cagnin dell’associazione Karibu Onlus di Scorzè (VE) che mi ha aiutato e accompagnato nel viaggio.

Lunga vita anche a nuovi “viandanti”,

Ottorino
Volontario AVI Onlus di Montebelluna (TV)

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Un saluto, post Senegal, agli amici piú giovani.

Sono appena ritornato dal Senegal e mi é caro raccontare l’esperienza a voi amici coi quali sono entrato in dialogo. Questo in Senegal é stato il mio 25mo viaggio nei paesi africani quali Eritrea, Kenya, Guinea Bissau, Etiopia. Gli ultimi anni mi hanno visto lavorare come volontario con le cucine solari. Sono testimone di terre sempre più aride, prive di alberi, laddove fino a poco tempo fa c’era o foresta o boscaglia. Ho incontrato molti giovani con le “mani in mano” altri a fare lavori agricoli o artigianali con strumenti minimi, che da noi neanche i più vecchi hanno mai visto. Ho rivisto giovani, abitanti nelle capanne, studiare per dare esami all’università; una grande voglia di riscatto. Ne ho visti piangere alla nostra partenza perché coscienti che sarebbe terminato il tempo della formazione; altri cercare nelle discariche un po’ di metallo da vendere. Alcuni, pur arrivando dalle capanne, avevano la voglia di collaborare, stringere viti, assemblare calotte di cucine solari (esperienza fatta recentemente in Senegal in più villaggi); anche qui voglia di fare, di riscatto. Le donne, pure loro ho visto capire al volo come si assemblavano in serie 10 supporti di cucine, sono state un vero aiuto per risparmiare tempo. Il resto è stato dedicato a cucinare insieme per più giorni, riso, foglie di un certo albero, pesce. Alcune donne che erano rimaste escluse dall’avere una cucina si sono azzuffate. Anche questa volta per dieci giorni ho condiviso la cena presso una casa parrocchiale con giovani tedeschi e francesi. Gli uni erano in Senegal per curare un gemellaggio coi loro coetanei liceali mentre gli altri lavoravano ad altro progetto e dedicavano tempo a trasmettere conoscenze di informatica. Erano stati favoriti dalla scuola e dai loro genitori; certamente una bella esperienza. Invece altre tre ragazze della Germania erano per un anno di servizio volontario o presso centri educativi o presidi sanitari. Mi è capitato di vedere potenziali risorse della terra ed il pensiero è corso al lavoro che manca anche qui a tanti giovani come manca li. L’ultima pioggia è di un mese fa e fino a giugno non se ne parla più, certamente acqua ne deve essere caduta molta visto che vedevo ancora qualche pozza, pur calante, resistere al caldo dei 40 gradi; quanti posti di lavoro potrebbero nascere, anche con pochi soldi? Pale, carriole, un grande invaso da costruire, un telo sul fondo, qualche pannello fotovoltaico, una pompa, qualche serra e la crescita di legumi a go go.  E qui in Italia? Chissà quante ” pozze” ci sono da scoprire qui, da lavorarci intorno con creatività e costanza; chissà quanti posti di lavoro nuovi, quanti frutti anche per qui. Delle immagini che per ora non ho disponibili aiuterebbero a rendere più leggero questo testo e nel contempo più brioso per i colori, i volti, il paesaggio. A tutti un caro saluto e se vi sembra di esprimere qualcosa lo leggeró con grande piacere, Ottorino.

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2012, DIARIO DI UN PERCORSO IN AFRICA: formazione.

Formazione su Ambiente , Deforestazione , Salute

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Formazione su Energie Alternative

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Assemblaggio delle cucine solari

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Formazione su come utilizzare le cucine solari

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Prove di cottura di vari cibi

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Pulizia della cucina solare

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Situazione sull’uso dell’acqua di un pozzo presso orti comunitari

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Prelievo manuale dell’acqua.

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Bambine dedite al faticoso trasporto dell’acqua dal pozzo agli orti; per alleviare la fatica tra un pò verrà attivata una pompa azionata con della corrente dei pannelli fotovoltaici.

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IN SENEGAL – Formazione di un artigiano per la costruzione e l’assemblaggio di cucine solari

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Passaggio di conoscenza

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Patto di consegna

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Verifica della cottura del riso

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Cottura dei fagioli

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